La scorsa estate abbiamo sentito parlare di una pronuncia davvero “scottante”: quella con la quale il Tribunale di Cosenza aveva giustificato un affidamento esclusivo in capo a un coniuge in ragione della cd. “alienazione parentale” provocata ai figli dall’altro coniuge.
Quella del Tribunale calabrese si è presentata come una sentenza senza dubbio innovativa, in quanto è stata tra le prime ad aver introdotto la predetta sindrome nelle aule di giustizia.
Orbene: il 18 dicembre scorso è arrivata la conferma della Corte d’Appello di Catanzaro.
Con il decreto numero 3405/2015 (qui sotto allegato), il giudice dell’impugnazione ha infatti ritenuto infondate tutte le censure mosse dal genitore “alienante” avverso la pronuncia di primo grado.
Con particolare riferimento alla sindrome dell’alienazione parentale, la Corte ha chiarito che ciò che rileva non è tanto il suo riconoscimento o meno sotto il profilo medico-scientifico, come sostenuto dalla ricorrente.
Ad interessare, ai fini della decisione, è infatti il modo in cui, in concreto, si atteggiano i rapporti genitori/figli.
Nel caso di specie, è stato riscontrato che l’avversione manifestata dai piccoli nei confronti del padre è indubbiamente correlata all’atteggiamento della madre, che non ha fatto nulla per agevolare i loro rapporti con la figura paterna ma, anzi, li ha messi in discussione.
Sulla base di questa e di altre argomentazioni, la Corte di Appello di Catanzaro ha così confermato l’affidamento esclusivo dei bambini in capo al padre, sia pure con loro collocazione temporanea presso un centro di accoglienza per un periodo di sei mesi.