L’altro giorno si è presentata in studio una cliente la quale ha descritto la spiacevole situazione che si vedrà qui di seguito.

Ella è la nonna di una bambina versante condizioni descritte come estremamente disagiate: i genitori mostrano un totale disinteresse nei suoi confronti, le loro condizioni economiche si dimostrano essere insufficienti al fine di mantenere in maniera adeguata la figlia, la casa in cui la piccola vive si presenta sporca ed in disuso; la nonna, preso atto di tutto ciò si recava presso la sottoscritta chiedendo cosa potesse fare al fine di aiutare la bambina, dichiarando di essere addirittura disposta ad aprire una procedura di adozione.

In questi casi cosa bisogna verificare prima di poter procedere verso l’adozione del minore?

In primo luogo occorre attivare i servizi sociali i quali non possono assumere la qualità di parte processuale ma possono provocare l’iniziativa del P.M. con una segnalazione nel momento in cui vengano ravvisate situazioni in cui la responsabilità genitoriale è male esercitata e, per effetto, il minore subisce un pregiudizio o appaia abbandonato; il Servizio a quel punto deve porre in essere tutte quelle attività ed iniziative che ritiene utili a favore del minore e del nucleo familiare.

Chiaramente, per far ciò, il Servizio deve ricercare il consenso dei genitori e del minore, la loro reale adesione al progetto formulato e prospettato. Solo laddove questo consenso ed adesione non vi siano, o non siano effettivi, entra in gioco la competenza del Giudice Minorile, che può intervenire a limitare o comprimere la responsabilità genitoriale, così permettendo la realizzazione degli interventi necessari. Ora va da sé che il Servizio si rivolgerà all’Autorità Giudiziaria minorile soltanto nei casi in cui, presa conoscenza del caso, e formulato un progetto di intervento, non abbia trovato la necessaria adesione dei genitori; in questi casi, infatti, l’unica possibilità di intervento passa attraverso un provvedimento del Tribunale per i minorenni, che autorizzi il Servizio ad intervenire pur in assenza di consenso. Nel momento in cui i Servizi Sociali dovessero ravvisare l’inefficacia del proprio intervento, al fine di poter avanzare richiesta di affidamento o addirittura adozione occorre che il minore venga dichiarato in uno Stato di Abbandono. Nella legge non è presente una definizione vera e propria di tale condizione pertanto occorre rifarsi a quanto delineato da gran parte della dottrina e giurisprudenza maggioritaria: il minore si trova in uno stato di abbandono nel momento in cui la sua famiglia non sia in grado di prestare, in via non transitoria, tutte le cure necessarie, né di assicurare l’obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole. Due sono pertanto gli aspetti da prendere maggiormente in considerazione secondo quanto stabilito dalla Cassazione: assistenza morale e materiale da parte delle figure genitoriali, le quali in caso di abbandono risultano essere assenti in maniera grave e irreversibile. Non è necessario che vi sia una mancanza totale di assistenza, è sufficiente che il minore sia posto in una condizione in cui, a causa di mancanze dal lato affettivo o dal lato prettamente materiale, non sia in grado di mantenere un corretto sviluppo psico-fisico né una prospettiva di crescita adeguata alle sue esigenze. A questo punto la rescissione del legame familiare risulta essere l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio e la messa in stato di adozione, diviene l’unica via per assicurargli assistenza e stabilità affettiva. Vien da sé che la valutazione dell’inadeguatezza deve essere assolutamente attenta, risolvendosi il rimedio in una soluzione definita “estrema” dagli stessi Giudici del Supremo Collegio : sempre in tale ottica, d’altra parte, le “mere espressioni di volontà da parte dei genitori sono irrilevanti.”

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